Di orecchini e babbo natale

Mia figlia non ha le orecchie bucate per gli orecchini. Devo ammettere che ci ho riflettuto parecchio prima di decidere di non farlo quando era neonata. In Brasile tutte le bimbe escono dall’ospedale già con gli orecchini installati. A me non l’hanno fatto; ho deciso di farmele forare, le orecchie, quando ero già grande, a forza di sentire altri bimbi chiedere a mamma se ero maschio o femmina perché portavo sempre i capelli corti e non ero particolarmente carina. Ho deciso io ed è stato un episodio epico nella mia vita: mi ricordo il vestito che portavo quel giorno, la farmacia, il dolore (ho vomitato, da quanto mi ha fatto male), la rottura di zebedei che è stato prendersi cura dei buchi appena fatti perché non si infiammassero (e tanto si sono infiammati lo stesso). Se me l’avessero fatto appena nata non avrei sentito tanto dolore (e probabilmente nessuno avrebbe chiesto a mamma se ero maschio o femmina), ma non rimpiango questa loro scelta. Anzi, li ringrazio per avermi rispettato. Perché credo che la libertà di scelta sia una delle cose più importanti che un genitore possa regalare a suo figlio – entro i limiti della ragionevolezza, ovviamente. Oggi sono una patita di orecchini e quando ne esco senza, normalmente per fretta, mi sento mezzo nuda e passo il giorno a toccarmi il lobulo, come se gli orecchini fossero degli arti fantasma.

Mia figlia ha quasi quattro anni e qualche giorno fa le ho detto che Babbo Natale è solo un personaggio fittizio. Personalmente non me lo ricordo come traumatico, il momento in cui ho scoperto che in realtà era un cugino che si travestiva ogni anno per portarci dei regali, che ci compravano i nostri genitori e nonni. Ma non ho neanche ricordi particularmente fenomenali dell’attesa per Babbo Natale. Forse perché né io né mio fratello eravamo molto focalizzati su questa cosa di regali. Ci piacevano, ovviamente, ma a noi basta poco per renderci felici (a me, in particolare, una penna colorata già mi rende la giornata più gioiosa). E quindi abbiamo deciso di dirlo subito a Carolina che Babbo Natale è un personaggio inventato, così come i Barbapapà, Nemo, le principesse Disney e tanti altri. Le abbiamo spiegato che i regali per Natale li comprano i genitori, e che visto che il Natale è, per noi, semplicemente un giorno in cui non si va a scuola e nient’altro, e considerando che lei ha già un mucchio di giocattoli e libri, che compriamo semplicemente quando li vediamo in giro e li troviamo interessanti, tutte queste cose di Natale, regali, Babbo Natale, Gesù Bambino e Befana sono una grandissima boiata. Il mondo è già abbastanza magico senza che abbiamo bisogno di raccontare le balle ai bambini, che si meritano decisamente più rispetto.

E parlando di rispetto (or lack thereof), un altro aspetto delle feste di fine anno che mi fa venire la spuma in bocca è la mania orrenda, idiota e antipedagogica di associare regali (e dolcetti) alle buone azioni. Come se alcun bambino si fosse mai comportato “bene” durante tutto l’anno solo con il pensiero di guadagnarsi un giocattolo e un torrone a Natale. E poi il concetto di “comportarsi bene” che cazzo significa? In Italia, o almeno in Umbria, comportarsi bene vuol dire non sporcarsi, non sudare, non correre. Mia figlia invece fa tutte queste cose – orrore, orrore, gioca addirittura con l’acqua a casa e si bagna tutta! – ed è felice, indipendente e intraprendente. Per me comportarsi bene vuol dire non rompere le scatole agli altri, punto. Categoria che ovviamente esclude “non sudare” e altre assurdità che sento spesso in giro. E quindi solo chi non si sporca ha diritto a regali? Con i quali giocheranno pochissimo, tra l’altro, visto che i bimbi si stufano subito e che è molto più divertente giocare, che ne so, con una stecca di legno? Bisogna essere come i soprammobili, reprimendo tutti i loro istinti infantili più primitivi di correre, saltare, ridere, imitare, fare i versi strani, per poter mangiarsi un ovetto Kinder? Ma fatemi il favore.

Non voglio nemmeno entrare più di tanto nell’argomento battesimo, che considero la più grande mancanza di rispetto nel confronto dei bambini. Sono completamente, totalmente atea, ma anche se non lo fossi non credo che avrei battezzato mia figlia. Perché le decisioni che ci cambiano la vita, come bucarsi le orecchie e entrare a far parte di una setta, sono assolutamente personali e fatte con cautela e cognizione di causa. Trovo il battesimo dei bambini una pratica schifosa (e con “battesimo” voglio dire l’inserimento del bambino in qualsiasi realtà religiosa, con o senz’acqua in testa). Il mio disprezzo per le religioni – tutte, senza eccezione – non è una novità per chi mi conosce, ma ho particolare antipatia per questa imposizione religiosa ai bimbi. La trovo disgustosa, e mancante di rispetto tanto quanto dire ai figli che è la Befana che gli porta i dolcetti. Non si mente ai bambini, punto. Non per paura di creare dei traumi irrisolvibili, ma perché non si fa, per principio. Mentire è brutto e se diciamo a loro di dire sempre la verità, con quale faccia tosta gli lanciamo queste bugie natalizie e bibliche? Io questa faccia tosta non ce l’ho. E quindi niente Babbo Natale, niente Befana, niente Bambino Gesù (che secondo me Carolina ha sentito nominare solo in mezzo alle bestemmie del padre e del nonno). Non abbiamo nemmeno un albero di Natale, che anche se è microscopico non riesco a trovargli un posto; preferisco occupare gli spazi della sala con la cucinetta di legno di Carolina e la sua propria Billy piena di libri e DVD. Capisco l’importanza, per l’essere umano, di feste e rituali, ma, come dico sempre, una cosa buona fatta per il motivo sbagliato, per me, è meglio non farla proprio. Facciamo festa quando ci sentiamo di farla. Per festeggiare un compleanno, un viaggio, la bella canzone che abbiamo ascoltato in macchina. Basta e avanza, no?

de música, eutanásia e fim do mundo

Ontem calhou de ler esse post da Dri e de ouvir essa música

no mesmo dia, e comecei a pensar sobre o assunto morte. Não de maneira mórbida (engraçado que “morbido” em italiano quer dizer “macio”); eu sou uma pessoa pragmática, com formação médica e non-believer até a raiz dos cabelos, de modo que encaro a coisa de maneira muito natural. Nosso destino é virar húmus, e não consigo imaginar nada de mais nobre e poético. De modo que deixo aqui, em público, pra todo mundo ver, minha vontade de, quando chegar a hora, que logicamente espero que demore muito pra vir, 1) ser eutanasiada, se for o caso; não acho que sentir dor enobrece e passar anos feito um pé de couve murcho numa cama não é pra mim; 2) ser cremada, porque ocupar espaço depois de morto é totalmente out, néam; 3) OBVIAMENTE não ter missa de nada, senão eu volto do além pra puxar a perna de quem tiver encomendado um só rosário que seja; e 4) que qualquer que seja a cerimônia de adeus, por favor toquem essa música acima (caprichem no coral, tá) e/ou essa aqui, também deles, que tem uma letra linda.

“With a nuclear fire of love in our hearts” é um dos versos mais lindos que eu já li. As letras do Live são todas meio malucas, porque o Ed tende ao esotérico-espiritual-era de aquário, mas ele já escreveu tantos versos lindos que eu volta e meia me pego repetindo uma frase dele, como um mantra. Run to the Water, em particular, sempre me traz lágrimas aos olhos. Como disseram num thread de comentários de outro vídeo deles no YouTube, a sensação que a música deles me dá não é de tristeza; não são lágrimas de tristeza ou de felicidade ou de raiva, mas de sentimento puro e simples. Tinha muito tempo que eu não ouvia Live. Não vai acontecer de novo de passar tanto tempo assim sem ouvi-los; de vez em quando preciso de umas sacudidas sentimentais assim pra acordar.

Run to the Water

Oh desert speak to my heart
Oh woman of the earth
Maker of children who weep for love
Maker of this birth
‘til your deepest secrets are known to me
I will not be moved
I will not be moved

“don’t try to find the answer
When there ain’t no question here
Brother let your heart be wounded
And give no mercy to your fear”

Adam and eve live down the street from
Me
Babylon is every town
It’s as crazy as it’s ever been
Love’s a stranger all around

In a moment we lost our minds here
And lay our spirit down
Today we lived a thousand years
All we have is now

Run to the water
And find me there
Burnt to the core but not broken
We’ll cut through the madness
Of these streets below the moon
These streets below the moon

And I will never leave you
‘til we can say, “this world was just a
Dream
We were sleepin’ now we are awake”
‘til we can say

In a moment we lost our minds here
And dreamt the world was round
A million mile fall from grace
Thank god we missed the ground

Run to the water
And find me there
Burnt to the core but not broken
We’ll cut through the madness
Of these streets below the moon
With a nuclear fire of love in our hearts

Yeah, I can see it now lord
Out beyond all the breakin’ of waves
And the tribulation
It’s a place and the home of ascended
Souls
Who swam out there in love!

Run to the water
And find me there
Burnt to the core but not broken
We’ll cut through the madness
Of these streets below the moon
With a nuclear fire of love in our hearts
Rest easy baby, rest easy
And recognize it all as light and rainbows
Smashed to smithereens and be happy
Run to the water (and find me there)
Run to the water

carabinierices

Ligam-nos dos Carabinieri (a polícia militar daqui) pedindo pra gente comparecer ao quartel pra assinar uns documentos relacionados à Carolina. Sabendo que a coisa se referia ao pedido de adicionar os meus sobrenomes, fomos. Somos atendidos por um Carabiniere pedaço de mau caminho, muito educado e gentil como todos os Carabinieri que já encontrei e que já me pararam no trânsito ou já me atenderam de alguma maneira. Ele pega uma folha de papel quadriculado (inexplicavelmente eles aqui usam papel quadriculado pra tudo), daqueles vagabundos que de tão fino não se pode usar caneta pilot porque senão mancha o que estiver por baixo, e começa a anotar os nossos dados. Anotados os números das carteiras de identidade e os nomes dos dois no tal papel vagabundo, dá-se o seguinte diálogo.

Carabiniere Pedaço de Mau Caminho: Mas vem cá, isso tudo aqui é sobrenome?

Eu: É.

Carabiniere PMC: Tá… E é comum no Brasil ter cinco sobrenomes?

Eu: Não, é que a minha família é antiga mesmo e meu avô tinha mania de genealogia.

Carabiniere PMC: Tá… E vocês querem então que a sua filha tenha SEIS sobrenomes, cinco seus e um do pai?

Nós: Isso.

Carabiniere PMC: Motivo…?

Eu: Porque ela é filha de duas pessoas e não de uma só.

Mirco: Porque tem juízes na cidade dela com esse sobrenome, pode valer um pistolão no futuro, nunca se sabe.

Carabiniere PMC: Esse monte de sobrenome não vai complicar a vida dela não?

Eu: Nunca complicou a minha. Pelo contrário, todo mundo se lembra de mim. É só dizer “sou aquela dos cinco sobrenomes” que todo mundo sabe quem é.

Carabiniere PMC, sorrindo: Tem razão. Bom, era só isso, senhores.

Saímos, nos olhamos, começamos a rir. “Papel quadriculado???”, dissemos ao mesmo tempo. “Timbrado era pedir muito?”, disse o Mirco, sacudindo a cabeça.

No problem. O importante é que o processo siga adiante e ela ganhe os meus sobrenomes. Não importa se ela só vai conseguir decorar todos quando estiver na faculdade.

títchers

Ih, hoje é dia do professor? Caraca, que lista enorme de gente à qual preciso agradecer. Tia Anna Maria, da primeira série, que me deu de presente o livro Grimble (que tenho até hoje, com dedicatória e tudo. Aliás, acho que vou tirar uma foto e postar). Tia Arminda, da segunda série, que eu a-ma-va. Márcia, de português, que me inspirou com a sua caligrafia linda e não cafona a escrever de maneira linda e não cafona (hoje sou meio garranchenta de tanto digitar, mas se escrevo com calma minha letra é linda, tá). Os professores do Princesa Isabel, que de modo geral eu adorava; é incrível mas não consigo lembrar o nome do professor de biologia que me inspirou a fazer medicina (aliás, assunto pra outro post). Os da faculdade, que são tantos, muitos; muitos escrotos que deletei da memória e outros legais, e minha queridíssima prof de pediatria, a Maria Marta, uma pessoa realmente especial e pela qual tenha imensa admiração. Nem sei direito como ficamos amigas, porque eu detestava pediatria ;) Os professores do curso de italiano pra estrangeiros quando estudei em Perugia; esqueci TODOS os nomes mas o de literatura italiana contemporânea, apesar de dar uma aula meio chatinha, foi quem me iniciou na literatura italiana e quem me apresentou a Svevo e a Camilleri, e por isso lhe sarei eternamente grata. A prof maluca de história medieval, que conseguia a proeza de falar mais rápido do que eu mas dava uma aula bárbara, de um assunto que eu AMO (é meu período histórico preferido). Os professores de Comunicazione Internazionale, um curso interessantíssimo. E a minha mãe, que detesta ensinar mas me ensinou muitas coisas. Beijo.

de olimpíadas e paralimpíadas

Quem me segue (que termo mais idiota…) no Facebook tá careca de saber que eu sou tarada por eventos esportivos internacionais. Durante o resto do ano não tenho o menor interesse em esporte nenhum, mas há algo pra mim irresistível nesse murundu de bandeiras, nomes bizarros, caras diferentes. A TV fica ligada o dia inteiro e assisto a toda e qualquer partida, não importa a nacionalidade dos competidores.

Na verdade não sei explicar essa minha obsessão. Sou uma couch potato de carteirinha. Nasci sem a parte do cérebro responsável pela competitividade. Torço por todos, sempre, e fico tristíssima por quem perde, mesmo que tenha perdido pro Brasil. JAMAIS teria o sangue frio necessário pra participar de evento esportivo nenhum, sou péssima perdedora, se ganhasse choraria tanto que provavelmente desmaiaria, ficaria muda na hora de dar entrevistas, colapso total ao ouvir o hino brasileiro. Também não sou dessas pessoas que gostam de superar limites; adoro meus limites, somos amicíssimos, íntimos, e não tenho a menor intenção de tentar deixá-los pra trás. Quem me conhece bem sabe que a minha preguiça atinge níveis estratosféricos e se houvesse uma modalidade olímpica pra quem tem menos vontade de se mexer, eu ganharia de lavada. Então por que diabos eu gosto tanto dessas competições internacionais?

As Paralimpíadas, então, nem comento. Fico grudada na televisão, fascinada por esses super-heróis que fazem coisas inacreditáveis. Fazem-me morrer de vergonha da minha preguiça insuperável, mas masoquistamente continuo assistindo e pensando PUTA QUE O PARIU. Hoje estávamos vendo uma prova qualquer de natação, categoria Muito Fodidos, e a Carol perguntou, ao ver um atleta com os braços amputados logo abaixo dos ombros e pernas amputadas logo abaixo dos joelhos: “mas como aquele moço vai nadar se ele não tem braços nem pernas?”. Caralho, exclamou a princesinha; não sei, não sei. Mas o fato é que o fulano nadou, ondulando a coluna, e não só nadou como chegou na frente de um outro que tinha antebraços. Ontem vi a prova de salto em altura pra pessoas com uma das pernas amputadas: os atletas não usam prótese, saem pulando em uma perna só, tipo Saci, e saltam lindamente por cima da barra. Um dos competidores, um indiano feio pra dedéu, tinha as duas pernas, mas uma era inutilizável, com o pé virado pra trás ENFIADO NUM CHINELO DE DEDO. Pois ele estava lá competindo pelo seu país, atleta internacional, aplaudido pelo público que lotava o estádio.

E os atletas cegos? Uma nadadora ontem não foi avisada de que a parede da piscina estava chegando e deu uma mega cabeçada que deve ter doído pacas, mas ganhou a prova. Os corredores que voam, com uma das mãos ligada à mão do guia com uma cordinha, são espetaculares. Aliás, tomei uma simpatia gigante pelos guias dos corredores cegos. Imagina você preenchendo um formulário qualquer e no campo “profissão” você escreve “guia de corredores cegos”. Sensacional!

E os ciclistas? Céus, o que são aquelas pessoas VOANDO nas suas bicicletas modernosas no velódromo, sem uma perna, pedalando com uma perna só? Ou com uma prótese? Ou com os cotos dos antebraços apoiados no guidon? Ou com problemas graves de coordenação e com movimentos involuntários, como um chinês todo torto que ganhou uma prova e bateu um recorde? Que tal o ciclista espanhol que não tem uma perna e um braço DO MESMO LADO? Como diabo esse cara consegue manter o equilíbrio na bicicleta?

COMO ASSIM? De onde vem essa força de vontade dessas pessoas? O que é isso, gente? Tem pra vender? Porque eu tô precisando.

Minha nova ídala é a Ellie Simmonds, a nadadora inglesa com acondroplasia (nanismo) que é simpática, alegre, faladora e uma puta de uma atleta que dá cada sprint final de arrepiar os cabelos. E os nadadores brasileiros, todos, que simplesmente dão um show.

Aliás, uma coisa maravilhosa das Paralimpíadas é que as medalhas são melhor distribuídas do que nas Olimpíadas. Por algum motivo que não consigo imaginar, vários países fodidos mandam muitos atletas pra esse evento, incluindo o Brasil, que se não me engano ganhou mais medalhas nas Paralimpíadas em Pequim do que nas Olimpíadas. Ontem quem ganhou a medalha na tal prova de salto em altura com uma perna só foi um cara das Ilhas Fiji. O melhor time de vôlei sentado aparentemente é o Irã, e hoje vi um jogaço aço desse esporte – Alemanha e Egito. Egito! Quem já viu o Egito concorrer em alguma coisa? E a Turquia, time favorito pro basquete de cadeira de rodas masculino? Democracia total. Estou adorando. Me sentindo um cocô preguiçoso também, mas adorando. De repente até me animo a sair da fase couch potato e entrar pra uma academia. Talvez faça uma aula experimental de capoeira amanhã. E seja o que Darwin quiser.

londres e outros bichos

Como eu disse ontem, passamos uns dias em Londres semana passada. Já comentei aqui que a primeira vez em que estive lá não gostei da cidade, na segunda vez desgostei um pouco menos, e dessa vez já comecei a gostar. Claro que estar com gente do lugar ajuda, e em boa companhia nem se fala, mas não é só isso. Acho que à medida em que envelheço sinto cada vez mais falta de um pouco de cosmopolitismo – e da bagunça também, admito. Em Paris, quando fiquei responsável pela navegação, já que meus sogros não entendem nada de coisa nenhuma, nem de francês, nem de metrô, nem de mapas, e que o Mirco se perde até dentro do banheiro se deixar, notei que simplesmente ADORO a maluquice logística de cidade grande. Até em lugares onde o transporte público funciona igual à minha cara, como o Rio, me divirto horrores calculando rotas pra chegar em tal e tal lugar. Mas é o metrô mesmo que me deixa doida.

Vocês sabem como eu sou chegada num mapa. Não posso ver mapa que fico doida, não importa muito de onde seja. Tenho vários espalhados pela casa inteira: um de Paris na sala, um mapa-mundi adesivo na parede do corredor, um da França em forma de quebra-cabeças no escritório e mais um do Parque Nacional do Monte Subásio (o Monte Subásio é onde fica Assis), ímãs de geladeira e canecas com mapas de metrô, e já tem um tempo que estou de olho nesses aqui. Na casa da minha mãe no Rio tenho uma reprodução de um mapa antigo de Londres que aquela maluca da Tatiana me deu várias eras glaciais atrás. Gostaria imensamente de um mapa do Rio, mas até hoje só vi coisas tropicalmente cafonas e desisti de procurar (quem achar um bem estiloso e quiser me dar de presente, acho ótimo). Meu iPhone tem os mapas de metrô de tudo que é lugar do mundo, e volta e meia me pego estudando um ou outro só pelo prazer de olhar praquelas linhas coloridas cheios de nomes de estações que não conheço. Adoro nomes em mapas, adoro, adoro. Livro de fantasy pra mim sem mapa já perde vários pontos logo de cara.

Mas então. Qualquer deslocamento em cidade grande é complicado e demorado, mas é tão mais divertido. Sentar com um mapinha do metrô, escolher a estação de chegada, calcular a rota, levar em consideração as estações fechadas por um motivo qualquer, ler as placas nas estações, pra mim isso tudo é divertidíssimo e compensa até a chatice de ter que subir e descer escada com carrinho de criança.

E as lojas diferentes de tudo o que temos aqui? E os restaurantes “étnicos” (palavra idiota, putz)? Comemos um curry bem normal na véspera da viagem de volta e fiquei deliciada; aqui não tem nenhum restaurante indiano nenhum, os únicos diferentes são os chineses, todos uma merda. E as pessoas com as caras e cores mais diferentes, caminhando pela cidade? E o jeito completamente diferente de viver a cidade, dependendo de onde se vai? E, no caso de Paris, o desafio de pedir ou ler informações em uma língua que se conhece pouco? Fico toda arrepiada só de pensar :-) Eu sou um bicho urbano, não adianta. Na próxima encarnação vou vir como ratazana de metrô.

amiguinhos

No primeiro post do retorno depois do breve hiato blogal de quase um ano eu comentei que 2011 foi foda, e não no sentido positivo da palavra. Mas na verdade, apesar de eu estar há muitos meses me coçando inteira absolutamente sem parar o dia todo, foi um ano muito bom do ponto de vista dos amigos. Quase todas as viagens de 2011, e foram muitas, foram com os MEUS amigos, pela primeira vez desde que vim morar na Vaticália. E isso me faz muito bem. Sem ter passado tanto tempo com tantos amigos queridos (e isso porque teve muita gente que eu amo de paixão mas que não consegui encontrar, por um motivo ou por outro – em particular devo muitas desculpas à Newlands) provavelmente eu estaria ainda pior.

Por isso gostaria de agradecer de coração (baixou a pomba-gira da cafonice aqui, guenta firme que já já passa) aos meus calegas de faculdade que viraram irmãos, apesar da distância geográfica e desses anos todos. A viagem a Orlando com o povo todo foi maravilhosa, ri horrores, foi ótimo pras meninas e até o Mirco, o único gringo do grupo e cujo português capenga só dá o ar da graça depois de umas cervejas, se divertiu tanto que ficou puto com a Sabrina por ter engravidado de novo, porque ele queria ir à Disney agora em fevereiro outra vez. No Rio passei muitos fins de semana com Sabrina & Bernardo + Pfaender & Raquel, o que me fez muito bem, considerando o contexto bizarro geral da viagem, morte da minha avó, tia e prima filhas da puta, 300 kg a mais etc. Na casa deles me sinto como se estivesse na minha, e isso não tem preço. Revi outros queridos no churrasco de formatura (Oi Alexandre! Oi Pinho! Oi Curvelo! Oi AJUG!), e, apesar da situação esquisita (foi o dia em que a minha avó morreu, long story, don’t ask), foi muito bom encontrar com eles. Em outubro fomos a Boston com Sabrina e Bernardo de novo, e embora a Manu não tenha ido, o que tornou a viagem chatinha pra Carol, pra mim é sempre ótimo estar na companhia deles.

Semana passada, entre Natal e o réveillon, fomos a Londres. Ficamos na casa do Hiro e da Barbara, e foi ótimo. O Jonas ainda é pequeno e não fala, mas a Carol brincou muito com ele e, chiquérrima, passou horas correndo pra cima e pra baixo na rampa da Tate em vez da rampa da igreja da praça de Bastia Umbra. Bati altos papos muito construtivos e interessantes, como sempre, e espero que eles venham pra cá em breve pra gente repagar a hospedagem.

E em maio o Pfaender e a Raquel vêm pra Zoropa. Vamos passar uma semana juntos em Paris, que já sei que vai ser ótima (até porque não tem muito como estragar Paris, néam), e depois eles vêm ficar alguns dias aqui em casa. O Pfaender é como um irmão desde os tempos de faculdade, e a Raquel, que não era da nossa turma, virou irmã também (além de santa). A Marina é uma figura e a Carol vai se divertir. Estou contando os dias.

Então, meus queridos, só queria dizer que amo-vos todos e que agradeço muito muito muito mesmo por tudo. Tenho a impressão de que esse ano não vamos nos encontrar tantas vezes, mas também tenho a impressão de que vai ser, no geral, um ano melhor pra mim, então tá valendo. Beijos a todos.

*Fabio Jr mode off*

escolhas

Teve uma época em que eu achava que queria ser advogada, como praticamente todo o resto da minha família. Mudei de ideia pra medicina, embora até hoje ainda esteja procurando o que eu quero ser quando crescer. Mas acho que fiz bem em abandonar a ideia de fazer Direito, porque a quantidade de situações espinhosas nas quais eu venho reparando me deixa perplexa.

Outro dia li em algum jornal italiano a história de um casal italiano, que mora há muitos anos na França, que teve uma filha, à qual deram o nome de Andrea. Quando foram registrar a garota na Itália, deu merda: em italiano Andrea é nome masculino, o funcionário da prefeitura não tinha certeza se podia aprovar o nome ou não (na verdade há outras Andreas mulheres na Itália mas a coisa sempre cria confusão), relatou o fato à Província e o juiz não autorizou – aliás, mandou mudar pra Andrée (que não existe em italiano, detalhe) pra identificar o nome como feminino.

Fiquei dividida e não tenho opinião formada até agora. Não tenho dúvida de que os pais são duas antas que foram buscar sarna pra se coçar, né, vamos combinar; tudo bem que no resto do planeta inteiro Andrea é nome de mulher, mas na Itália não é, e os dois, sendo italianos, estão carecas de saber disso. Tenho ódio mortal de gente que dá nomes malucos aos filhos (e ódio particularmente mortal a quem dá nomes estrangeiros sem necessidade, principalmente quando as modificações ortográficas pioram ainda mais a coisa – veja-se o nome Katiusha, que eu já vi escrito italianizado Catiuscia porque o “sc” tem som de “sh”). Puxa vida, estamos falando de uma coisa séria, associada a você pelo resto da vida, uma palavra que você vai ouvir todos os dias trezentas vezes por dia, a sua identidade! Pelamordedarwin, um mínimo de bom senso! Eu conheço uma que tem um filho chamado Storm – mas vai te catar, né não?

Por outro lado, restam dois fatos sacrossantos: a liberdade de expressão, que inclui a liberdade de ser um babaca e de botar um nome babaca e/ou problemático no filho, e o princípio de autodeterminação, tão em baixa aqui na Vaticália, onde o Estado, por influência desses trastes da Igreja Católica, tem mania de meter o bedelho em todos os aspectos das vidas das pessoas. Pra não falar do fato que a justificativa dada pelo juiz, a de que Andrea é nome de homem na Itália, ignora solenemente que no resto do mundo – inclusive na França, país onde mora a garota – esse nome é feminino. Vai ser alérgico ao cosmopolitismo assim na China.

Outra história que me chamou a atenção foi essa aqui. Resumindo, a criatura é programadora em uma escola católica, é solteira, fez inseminação artificial pra engravidar e por isso foi mandada embora, com a justificativa de que o que ela fez não está de acordo com a doutrina católica, que ela deveria seguir conforme estabelecido no contrato de trabalho. A coisa toda é too stupid for words à primeira vista, mas na verdade rolam várias considerações marromeno complexas aí. Ela sendo programadora, esse comportamento “que vai contra a doutrina católica” *yawn* na verdade não tem a menor relevância em termos práticos, pois ela não tem nenhum contato com os alunos, que provavelmente não têm nem ideia de que ela existe. Também não sei se esse tipo de restrição maluca com justificativa religiosa escrita em contrato (por isso que eu continuo repetindo: liberdade religiosa my ass) é constitucional nos EUA – na Itália não seria, pelo menos teoricamente. Por outro lado, se ela assinou o raio do contrato significa que aceitou as condições descritas, malucas ou não, e teoricamente deveria estar disposta a se comportar come Dio comanda, whatever that is. Não gostou das regras? Vai trabalhar em outro lugar, ou então muda de religião. Tudo bem que coerência não é o ponto forte das religiões em geral, e menos ainda dos fiéis, que tendem a adotar só as regras que acham mais legais e fáceis de seguir, mas nesse caso trata-se de uma parada enorme!

Eu, sendo advogado de qualquer uma das partes envolvidas nas duas histórias ou o juiz que tem que decidir, jogaria a toalha. Normalmente eu tendo a punir a estupidez (inclusive quando sou eu mesma que cometo o ato estúpido), mas quando a coisa é muito complexa eu não sei o que fazer.

eu e o balé, o balé e eu

Eu sempre adorei balé clássico. Quando era pequena eu ia sempre ao Municipal porque um irmão da minha avó trabalhava lá e arrumava ingressos. Perdi a conta de quantas vezes já vi Copélia, Giselle, O Quebra-Nozes, o Lago dos Cisnes e alguns outro menos badalados. Adoro, adoro.

Fiz balé quando era pequena, até a pré-adolescência, mas sendo gorda, grandalhona e claramente desprovida de qualquer migalha de graciosidade, era óbvio que a coisa não era pra mim. Mas herdei algumas coisas dessa experiência breve, além dos pés “dez pras duas” que estragam todos os meus sapatos porque os calcanhares batem um no outro. Ganhei uma ótima propriocepção, ou seja, a capacidade de entender a posição das diferentes partes do meu corpo no espaço, e muito senso de observação. Vejo isso quando faço ioga com a Petulla, ou quando começo um novo DVD de ginástica que nunca vi na vida. Normalmente não preciso que a pessoa explique os detalhes do movimento ou da postura; percebo sozinha se estou fazendo direito e não costumo deixar nada de lado, porque peguei o hábito de observar o movimento ou a postura do outro da cabeça aos pés.

(Tudo isso seria muito mais útil se eu fosse uma pessoa naturalmente graciosa, mas não sou. O fato de conseguir reproduzir movimentos não significa que meus movimentos sejam fluidos ou leves; não são. Eu sou um rolo compressor.)

Outra coisa boa foi o ritmo. Se tem uma coisa que me enlouquece é ver gente que não consegue acompanhar o ritmo. Principalmente quando se fala de aeróbica, onde a música normalmente tem uma cadência bem marcada e o volume é alto. Não consigo entender; eu não consigo fazer os movimentos fora do ritmo nem tentando!

(Isso também seria mais útil se eu fosse uma pessoa naturalmente graciosa, mas não sou. Logo, não sou capaz de dançar. Nada. Quer dizer, se eu tentar pelo menos fico no ritmo, mas sou uma coisa inolhável, não rola.)

***

Ontem fui ver o Quebra-Nozes dançado pelo Bolshoi no Opéra de Paris, que passaram no cinema em Perugia. Mirco e Daniele foram ver o Sherlock Holmes 2 (eu detestei o primeiro e não tenho intenção de ver a continuação) e eu fiquei lá, sozinha, com um monte de mães com filhas empolgadíssimas ensaiando piruetas nos degraus largos da escada enquanto o balé não começava. Achei uma ideia maravilhosa essa de passarem balés. O ingresso é caro (15 euros contra os 8 de um filme normal), mas é compreensível: eles pagam os direitos ma só passam uma vez, em um horário, logo é justo cobrar bastante. Eles fizeram uma programação bem legal, com todos os outros espetáculos transmitidos ao vivo (esse era gravado); achei que não ia dar ibope mas tava bem cheio, só com os lugares na fila do gargarejo dando sopa. Sim, o áudio é uma merda, não é a mesma coisa que ver ao vivo, lógico, mas quem não tem cão caça com gato, certo, Biscoito?.

Ainda não fui ver a versão que tenho em casa em DVD, também com o Bolshoi, mas suspeito que é a mesma que passaram ontem. O bailarino principal é com certeza o mesmo; nunca iria esquecer aquelas ventas abertas que lhe dão aquela aparência meio equina. Os figurinos são definitivamente os mesmos da minha versão. A impressão que eu tenho é que é mesmo a mesma versão, editada de maneira diferente, porque algumas tomadas em close eu tenho certeza de que não tenho.

Aí quando eu falei pro Mirco que eu adoro esse balé, apesar de não ser o meu preferido, e que tenho em DVD, e que o ingresso era caro pra cacete, ele perguntou “mas então por que diabos você vai ver a parada de novo?”. Balé é um negócio esquisito, sabe, como música clássica, mas com mais detalhes porque é visual e não só auditivo. Nas montagens tradicionais a música é a mesma, a coreografia é a mesma (ai de quem tocar nas coreografias do Petipa), os figurinos são mais ou menos semelhantes. Então apesar de ser tudo muito parecido, cada versão é única. Eu tenho um Lago dos Cisnes dançado pelo Nureyev que é um escândalo, porque o homem era de um universo paralelo, nunca vai haver outro bailarino como ele; até quem não entende nada da coisa enxerga a diferença abissal entre ele e o resto do mundo. Mas não gosto da Fonteyn como cisne. Tenho duas outras versões do Lago, uma com uma primeira bailarina espetacular e outra um pouco menos. Gosto mais do bailarino que dança com a bailarina um pouco menos, mas prefiro os figurinos e algumas coreografias um pouco alteradas da versão com a primeira bailarina espetacular. Um dos meus combos música-coreografia-figurino preferidos no mundo inteiro, ever, não é exatamente essa aqui mas é parecida, com a música um pouco mais acelerada e na versão para dois casais de bailarinos (a versão que eu tenho é mais legal ainda, acreditem):

Essa também é ótima, apesar do vestido horripilante, totalmente não-espanhol, e da péssima qualidade do vídeo. A coreografia é pra uma bailarina só e a mulher abala Paris em chamas.